Un giorno di ordinaria follia

 La cosa strana che mi capita ogni volta che devo incontrare qualche amico conosciuto tramite internet, e poi divenuto mio amico "reale", è che, in quella giornata sembra che debba accadere la fine del mondo (e lo stesso succede anche quando dovrei incontrare per la prima volta una persona… nevvero Rik?). Tutto, assolutamente tutto, deve capitare quel giorno. Come quando devi fare un esame o sei in ritardo.

Per incontrare Annamirka, poi, sembra che i guai triplichino: treni persi, autobus che non passano, pioggia scrosciante… si possono contare sulle dita di mezza mano le volte in cui tutto è andato per il verso giusto, o anche solo cambiato rotta all’ultimo momento (e io e Anna siamo convinte di sapere chi sia la causa di tutto questo… vero Dark?? :P).

Sarà forse che ieri ho incontrato ben tre persone che ho conosciuto tramite internet, che per tutta la giornata mi sono capitate solo avventure una più assurda dell’altra.

Tutto è iniziato quando mia madre, ieri mattina mi ha chiamata facendomi "Nu, c’è la neve!". Meraviglia! Per quanto le strade fossero solo bagnate, i tetti, le macchine, gli alberi e i giardini erano ricoperti da un sottile manto bianco che rendeva magica ogni cosa. Fantastico.

E lo sarebbe stato anche di più, se mio padre, che è uscito pochi minuti dopo di me per fare una commissione, avesse avuto la bontà di prendere la macchina e darmi un passaggio alla stazione, visto che, va bene che quando nevica fa più caldo rispetto a quando non cade, ma che, solo per il fatto che l’acqua, lassù, abbia deciso di tramutarsi in neve, significa che la temperatura non sia proprio adatta a fare un bagno e che quindi faccia comunque un freddo cane. E infatti, puntuale come un orologio svizzero (sarà che lì nevica più spesso, forse), appena chiudo il portone di casa, uno zaino con venti manga e una busta con un’altra decina in mano, la neve inizia a cadere lenta, silenziosa e soprattutto, senza una meta precisa, o meglio verso il mio occhio sinistro, facendomelo lacrimare.

"Se si dice sposa bagnata, sposa fortunata, forse varrà anche per l’uni, visto che oggi è il primo giorno: università innevata, università fortunata", ha pensato la mia mente mentre, al freddo, aspettava che il treno si decidesse ad arrivare..

Ho capito soltanto trenta minuti dopo quanto questa rima poco felice fosse e che quando fa freddo, più che in altri momenti dell’anno, la mia mente non deve assolutamente pensare..

Appena arrivo all’uni, mi dirigo verso la bacheca dove sono affissi i nostri orari. Ora, premettiamo che io ho quattro materie da seguire e tre laboratori da frequentare. Insomma, non un numero eccessivo. Non un numero che ti dà da pensare, non dopo aver frequentato sei materie e quattro laboratori lo scorso anno… Non può uscire un orario troppo assurdo, mi dico.. non può…

Stamattina, avrei fatto meglio a chiudere il cervello una volta per tutte. Qualcuno di voi mi può spiegare chi è il genio che, facendo gli orari, ha pensato bene di mettere tutte le materie e tutti i laboratori SOLO ED ESCLUSIVAMENTE giovedì e venerdì? E siccome la durata di ogni singolo giorno è di 12 ore, se si esclude la cena e le ore di riposo, è naturale e lampante che ci siano sovrapposizioni. Non c’è una materia che si salvi, una che si possa frequentare senza pensare "accidenti, coincide con un’altra!"! OK, capisco quella poveretta di restauro del libro, che deve venire apposta apposta da Venezia e che, giustamente, vuole concentrare le sei ore settimanali in un solo pomeriggio, per non viaggiare troppo volte alla settimana e concludere subito il corso… ma tutti gli altri?

Ero furibonda, e come me tutti i ragazzi del mio curriculum. Insomma, va bene che siamo solo 15 e quindi dobbiamo "adattarci agli altri", come ci disse l’anno scorso l’illustre ed esimio professor Tateo, ex preside della facoltà di lettere e filosofia, l’uomo e il professore (nonché autore di libri) da me più amato e venerato di tutto l’ateneo, ma adesso si rasenta il ridicolo. "Ricontrolliamo, magari si può far spostare qualcosa", ha detto Enzo. Ho controllato per ore. Con quell’orario, se ne possono seguire una, massimo due, tra materie e laboratori.

Decisa – insieme agli altri – più che mai a far valere i nostri diritti almeno con il nostro tutor, il professor Magistrale, il migliore, forse, là in mezzo, e schifata alquanto dalla orribile organizzazione del nostro ateneo, ho incontrato Gra, con cui ho girato non so quante volte l’ateneo (sempre con il fido zaino e l’amata busta), per tutti e tre i piani, per cercare i suoi orari e l’orario di un esame di una mia amica, e che poi ho accompagnato dal dentista. Lì, avevo deciso, avrei atteso l’ora in cui Annamirka sarebbe arrivata, sarei andata a prenderla e con lei, dopo averla accompagnata dall’oculista dove doveva recarsi – ebbene sì, ieri mi sono girata oculisti e dentisti, oltre che diavoli e inferni n cui spedire tutta l’università al gran completo!

Ma siccome niente sembrava andare come avevo previsto, ad un certo punto Anna mi chiama e mi avvisa che aveva perso il treno e che avrebbe preso quello successivo. Poco male, mi dico, per fortuna avevo con me un libro che dovevo studiare. Così, me ne torno in ateneo – lì a pochi passi – per studiare e mangiare. E qui, potevano le cose andare per il verso giusto? Ovvio che no!

Avevo infatti appena messo mano al libro, dopo aver trovata un’aula in cui non c’erano lezioni e c’era relativa tranquillità per poter studiare un po’, che entra il bidello e ci fa "Ragazzi, uscite, devo chiudere!". Naturalmente, la domanda sorge spontanea: "Solo questa o tutte le aule?" e lui: "No, solo questa." Ora, io ero piena di buste contenenti una trentina di manga che avrei dovuto restituire e prestare ad Anna, visto che non ci incontravamo da ottobre. E si dà il caso, che le buste erano incastrate nel mio zaino a mo di puzzle, che il libro poco prima estratto, era in una posizione alquanto particolare e che, per poterlo rimettere al suo posto, nello zaino, avevo bisogno di molta calma, pazienza e soprattutto TEMPO. Che Giovanni, il bidello, sembrava invece non avere.

Così, piena di buste, libri e sciarpe e giubbotti, esco dall’aula con Giovanni che mi guarda tra il compassionevole e lo stupito. Dopo aver impiegato circa 10 minuti per rimettere tutto al suo posto, visto che era ancora presto per andare a prendere Anna, all’improvviso mi ricordo di una cosa particolare: fra le lezioni che dovrei seguire ce n’è una che si svolge in un’aula VII. Frequento l’ateneo da un anno e mezzo, possibile che ogni tanto spunti ancora un’aula sconosciuta? Ebbene sì, e nonostante mi sia girata il primo e il secondo piano due volte (sempre a piedi, non uso mai l’ascensore, e ieri, d’altronde, era anche bloccato!) sperando di trovarla, non sono riuscita a ricavare un ragno dal buco. Ho provato anche ad affidarmi alle piantine con quel bel punto che dice "Voi siete qui", ma che purtroppo non mi ha anche detto che "L’aula VII è qua"

Ormai sicura che giovedì ci faremo la visita guidata dell’ateneo ancora una volta per trovare la famigerata aula, per poi ritrovarcela sicuramente sotto gli occhi, o in un punto sperduto, vado alla stazione. E lì, nonostante mi sentissi come il bue e l’asinello (quale dei due mi si addica di più, vi lascio liberi di decidere) nella grotta di Betlemme nelle canzoncine natalizie, finalmente incontro Anna.

Se c’è una cosa particolare dei nostri incontri, è lo scambio dei manga, una cosa davvero da vedersi: si vedono bustoni, divisi in due o tre buste più piccole, che passano da uno zaino all’altro, da una posizione in un’altra, per poter essere inseriti nella posizione più giusta per lasciare lo spazio ad altri e, possibilmente, non distruggere la schiena di noi che dobbiamo portarceli.

Le due ore trascorse con Anna sono state piacevoli e anche divertenti, nonché tranquille. Siamo andati dall’oculista (e io sono rimasta ad attenderle con la compagnia di Michele, il simpaticissimo e anche un po’ chiacchierone, fratellino di Anna), poi siamo andate a farci un giro e abbiamo preso qualcosa da mangiare – visto che né io né lei avevamo pranzato in modo decente.

Lascio Anna alla stazione e aspetto, ancora una volta nelle vesti del bue e dell’asinello, Angelo che mi raggiunga, per poi insieme andare a riprendere Grazia al dentista. Missione compiuta, dopo circa 20 minuti di attesa davanti alla stazione (visto che pure i passaggio a livello era chiuso e lui ha atteso – in auto, al caldo- che gli permettesse di passare) arriva. La raggiungiamo e qui, con tutta la mia possibile ars loquendi, convinco i miei due amici otaku a prendersi un po’ di manga lasciatimi da Anna (cosa che sarebbe sfociata in una minaccia, verso Angelo di sicuro, sia perché aveva la macchina, sia perché alcuni manga Anna li aveva portati solo per lui), visto che mia schiena stava per entrare in sciopero prolungato fino a data da destinarsi, fregandomene altamente degli sguardi della gente intorno a noi che guarda incuriosita il nostro bazar filonipponico.

Dopo il nostro solito pomeriggio Fumetteria – Spizzico – Feltrinelli, eccoci giunti al momento di prendere il treno per tornare a casa. Finalmente a casa! mi dico, mentre gli occhi sembrano volersi chiudere e le lenti  iniziano a bruciarmi.

Mera illusione.

E’ già la seconda volta che la voce registrata all’altoparlante, continua a ripetere che il treno è in partenza, ma del suddetto treno non vi è traccia sui binari. Sono le 19.20. Aspettiamo fino alle 19.30 prima che una voce -stavolta non registrata – all’altoparlante ci dice che il treno partirà da un altro binario. E così, infreddoliti e stanchi (perché, ricordiamolo! La temperatura dalla mattina non si era certo alzata, casomai, abbassata ancora un po’ e poi, non dimenticiamolo! quest iritardi accadono sempre e solo quando la temperatura è sotto i 5°C), un circa 500 persone si muovono verso l’altra parte della stazione. Fortunatamente le porte si aprono e, almeno, possiamo sederci e stare un po’ più caldi, in attesa che il treno parta. Cosa che accadrà circa dieci minuti dopo, quando cioè il famoso treno che doveva arrivare alle 19.20 si presenta in stazione, scendono i passeggeri e si attacca ai nostri vagoni.

Finalmente si parte, dico. Casa sto arrivando. Nel frattempo chiamo mia madre: c’è stato un piccolo ritardo, ma adesso siamo partiti. Arrivo per le 8 a Bitonto.

Lo so, non imparerò mai a tenere la bocca chiusa.

Era già da qualche minuto che avevo notato che qualcosa non andava per il verso giusto: c’era uno strano abbassamento di corrente e le luci dello scompartimento prima riducevano la loro intensità, per poi tornare, qualche attimo dopo, alla loro originaria luminescenza. Poi, all’improvviso, guardo fuori dal finestrino e vedo come un lampo qualche metro più avanti. E, naturalmente, il cielo non era così plumbeo da far presagire temporali.

La mia mente non ha ancora razionalizzato l’avvenimento in toto, che, all’improvviso, le luci si spengono completamente e, pochi attimi dopo, il treno si ferma del tutto. Al buio. Su un ponte. Sbilanciato.

Soliti gridolini di ragazze isteriche, solite voci che chiedono spiegazioni, mentre il freddo ci congela completamente le mani e il corpo. I controllori scendono, controllano il problema con una lampadina tascabile e, venti minuti dopo, ci informano che non possono fare nulla, dobbiamo aspettare un vagone che ci trascini. Ora, il vagone veniva da Bari. La tratta Bari-Palese, il treno la compie in 10 minuti scarsi. Per arrivare la locomotiva, ne sono passati 30, di minuti.

Il problema principale, però, era un altro: siccome eravamo su un ponte  o forse , semplicemente siamo sulle ferrovie del Nord-barese – c’era solo un binario, sia per l’andata che per il ritorno. Binario su cui eravamo bloccati noi e quindi è reso inagibile. Praticamente le ferrovie non potvano più muoversi. Nessun treno poteva arrivare a Bari e nessuno partire da Bari (anche perché lì era rimasto solo un vagone, se non tornavano gli altri ^^). Nel frattempo, chiamo mia sorella per avvertirla del ritardo, visto che era sola a casa. Da descrivere la conversazione:

Io: "Antone’, vedi che il treno si è bloccato sul ponte tra Macchie e Palese, al buio, non so quando torno". Ok, sono stata troppo laconica.
Mia sorella: "comecosacheèsuccesso,staibene?" (a mo di Excel)
Io: "Sì, Antonè, sto bene!"
Lei: "Ma è buio?"
Io: "sì."
Lei: "Sei da sola?"
Io: "Con altri 100 passeggeri!"
Lei: "-_- con qualcuno che conosci?"
Io: "No."
Lei: "Miraccomandoattenzione,staibene,hopaura!" (sempre excel mode on)
Io: sì.. Antonè sto benissimo.. senti quando partiamo ti faccio uno squillo, ok?"
Lei: Va bene… peròMiraccomandoattenzione,staibene,hopaura"

Finalmente ho chiuso il telefono, mentre la ragazza di fronte a me, con cui avevo fatto amicizia, scoppiava a ridere.

Non sapendo cos’altro fare, io e la mia nuova amica ci siamo allora dedicate a guardarci intorno. E, davvero, c’era da vedere: la signora accanto a me (nonostante fossi io quella seduta accanto al finestrino) che aveva le vertigini e una paura matta; due uomini, che continuavano a prendersela con il macchinista, che a sua volta si stava alterando perché anche lui voleva tornarsene a casa; tre ragazzine di Andria (che è a 50 minuti di treno da Bari), una delle quali cercava di spiegare che no, il treno si era davvero fermato, non era una scusa, e non era colpa sua, mentre una sua amica, che soffriva di claustrofobia, continuava a camminare su e giù per il vagone, chiedendo di aprire i finestrini, ma ricevendo solo maledizioni, visto il freddo boia che faceva e che naturalmente, i macchinisti non si sarebbero mai sognati di farla scendere su un ponte tanto stretto, per farla respirare, e la terza che badava a tutte e due con i capelli ormai irti per il nervoso e la rabbia. IL tutto condito da parolacce varie, che rendevano la scena abbastanza comica e spassosa (persino la claustrofobica se la rideva, in effetti ^^).

Dicevamo, 30 minuti dopo arriva la famigerata locomotiva che ci riporta indietro, a Palese. Ci fermiamo alla stazione (almeno sulla terra ferma e non sospesi su un ponte, con un’illuminazione decente) e aspettiamo il da farsi,mentre alcuni scendono dal treno decisi a farsi venire a recuperare da qualche parete di buon cuore e ad allontanarsi dai binari, almeno per un po’ di ore.

E proprio mentre i vagone salvifico ci sta trainando indietro, verso Palese, squilla il cellulare. Era mia madre, che mi fa: "beh, sei arrivata?". Ok, ormai ridevo come una pazza. Le ho spiegato la situazione e ho concluso con un laconico "Ti faccio sapere quando torno".

Verso le nove, ecco che finalmente veniamo a sapere cosa ne sarà di noi: il treno che doveva partire alle 8.20 da Bari, e che adesso può partire, visto che il ponte non è più bloccato, ci avrebbe superato, raggiunto Bitonto, staccato dei vagoni che sarebbero tornati indietro a rimorchiarci. In pratica, altri dieci minuti e saremmo ripartiti.

Alla fine, 21.20, due ore dopo l’orario in cui il treno partiva di solito, i due vagoni da Bitonto sono tornati a prenderci e, finalmente, siamo tornati a casa. O beh, stavolta prima di avvisare che stavo veramente tornando a casa, ci ho messo qualche minuto, e soprattutto, ho atteso di superare il famigerato ponte.

Alle 21.30, i miei piedi toccano il suolo bitontino. Fortunatamente, mio padre aveva avuto la bontà di venirmi a prendere in auto, altrimenti a casa sarei arrivata per le 22, visto che le gambe, ormai due pezzi di ghiaccio sembravano non avere alcuna intenzione di muovermi ancora. Spero che anche gli altri viaggiatori siano tornati presto a casa e che non ci siano stati altri intoppi. Bitonto, infatti è solo a venti minuti di treno da Bari e pensavo invece a quelle poverette che ne avevano altri 30 da fare. Però, nonostante tutto, a ripensarci ora, devo dire che è stata un’esperienza divertente.

Tornata a casa, spero e prego che le avventure siano terminate. Così pare, e infatti, non ci sono stati altri problemi, se non fosse che abbiamo scoperto che la Telecom (che abbiamo solo per internet, mentre per le telefonate abbiamo Tele2), ha attivato una segreteria telefonica (che parte quando cavolo gli pare, senza darci neanche il tempo di rispondere) di cui noi, non solo non sapevamo nulla, ma di cui non sappiamo neanche cosa fare.

Ma ormai, la cosa mi lasciava del tutto indifferente. Basta, mi sono detta. Voglio dormire. Ne riparliamo domani. Adesso lasciatemi in pace.

E, tanto per completare la giornata, pur morendo di sonno, le braccia di Morfeo mi hanno accolto solo verso l’una di notte…

Scusate la lunghezza sproposittata del post (ma le cose erano troppo concatenate e non potevo non cercare di descriverle tutte), e anche il fatto che ho fatto voli pindarici dal tempo passato al presente. Non so perchè mi sia uscita una cosa simile. Forse per dare una parvenza di "drammaticità" alla scena. O forse, semplicemente e brutalmente, perchè sono ancora distrutta ^^

8 Risposte a “Un giorno di ordinaria follia”

  1. Oggi quelal di papirologia si è offerta di parlare a Magistrale per venirci incontro (anche perchè, per la sua materia dobbimao leggere in greco e non tutti conoscono questa lingua, come neanche io ho rudimenti di paleografia greca). Quella non sapeva neanche che anche il nostro surriculium dovevq frequentare la sua materia..

    Oddio, siamo proprio fregati, i prof ne sanno meno di noi!

  2. Povera Naco, hai mai pensato alla clonazione per seguire tutte le materie che si accavallano fra loro? XD

    Cmq questo succede spesso nei nostri bei atenei, la cosa migliore da fare e accordarti con una collega e dividervi le lezioni scambiando poi gli appunti.

    Riccardo

  3. Tranquilla Ery, di solito i miie post osn lunghi, ma non così tanto! XD Questa è stata un’eccezione (o almeno, spero, non voglio passare altre ore a gelare sul treno!!)

  4. Cavolo, lo sapevo che avevi avuto una giornata dura, ma così dura… Complimenti davvero per la pazienza! Non oso pensare a cosa porebbe succedere se ci venisse mai la strana idea di incontrarci, considerando che anche io quando voglio andare in un posto o a trovare una persona: A mi ammalo B perdo il treno C il treno si ferma D si mette a piovere, grandinare o peggio (tutte le volte che vado a un concerto, se non è ad agosto, piove). Sono almeno 2 anni che devo andare a trovare una mia amica a Siena ma l’unico weekend in cui entrambe potevamo ci saimo ammalate tutte e due.

    Per quello che riguarda la telecom… Grazie al cielo ho cambiato con fastweb, considerando che per mettere una segreteria per un cambio di numero ci hanno messo un mese (la richiesta a volte c’era e a volte no… decidetevi…)

    Per quel che riguarda la facoltà… Beh, se calcoli che la mia sembra la scuola di Amici di Maria de Filippi, ogni giorno c’è una regola nuova, si può dire che ti capisco… Solo che, al contrario di te, mi faccio venire le crisi isteriche e me la prendo con le segretarie (che ora hanno paura di me).

    Per fe FS: ogni volta che il treno si bloca nella landa desolata Monza-Sesto San Giovanni mi vengono le risi isteriche, comincio a sbuffare e a maledire il giorno che ho deciso di fare la pedolare… Se fossi stata sospesa su un ponte sarei morta di rabbia.

    Concludendo: Ti ammiro tantissimo, hai sopportato strenuamente tutte le avversità che ti sei trovata davanti senza fare una piega…

  5. Naco….@_@ che post lunghissimo! Ma sono tutti così i tuoi giorni??XD Accidenti, che odissea per tornare a casa! Per fortuna che l’hai presa con filosofia…

    Bax

    Ery

  6. Dimmi, o Musa, della ragazza dall’infinita pazienza, che dopo aver scoperto le trame del sacro ateneo, a lungo errò per le Ferrovie dello Stato, tra luoghi e genti diverse, e molto dovette patire per tornare a casa.

    Complimenti per la pazienza… io credo avrei avuto una crisi di nervi… mi basta molto meno (una fila in farmacia) per rendermi isterica… XD

    Riguardo alla Telecom, neanche mi esprimo: è una delle aziende che odio di più e che ritengo più truffaldine in assoluto. Ho avuto trascorsi molto tesi con i signori della Telecom, e il loro comportamento non si può dire sia stato corretto… ma lasciamo perdere…

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