Exultet

Exultet iam angelica turba caelorum:
exultent divina mysteria:
et pro tanti Regis victoria tuba insonet salutaris.

Bari, XI-XIII secolo Dopo Cristo, sabato Santo.
La cattedrale è ormai piena e la cerimonia più importante dell’anno liturgico è in corso. Dall’alto dell’ambone, il diacono intona il canto liturgico, mentre la folla dei fedeli prega per la vittoria della Luce e la Resurrezione di Cristo. Il popolo dei fedeli è composto dal popolo barese per lo più analfabeta e completamente ignaro circa il significato di quelle parole che giungono alle sue orecchie. Eppure la folla dei presenti sa esattamente il significato di ciò che ascolta; lo vede riflesso in quello che, lentamente, dalle mani del diacono stesso, si svolge davanti ai suoi occhi.
Perché il rotolo su cui il diacono segue la preghiera non è un testo come tanti altri. E’ l’exultet, un rotolo di pergamena che contiene il canto pasquale e riccamente ornato. Ma, ed è questo che rende unici e speciali molti di questi testi, le miniature raffigurate sono poste al contrario, rispetto al testo, in modo tale che, mentre il diacono svolge il rotolo, alla folla dei fedeli si mostrano le immagini che raffigurano quello che il diacono sta appunto cantando.
Giovedì scorso, come suggello finale al corso di forme e funzioni del documento, Fioretti ci ha portati presso l’archivio diocesano della cattedrale per guardare con i nostri occhi questi bellissimi rotoli. La cattedrale di Bari ne conserva tre (due propri della cattedrale e un testo, senza miniature anche se con iniziali decorate, di una chiesa della zona), più un benedizionale – la preghiera che veniva cantata, appunto, per benedire l’acqua e il cero pasquale.

Ammirare con i propri occhi le bellissime miniature che adornano i vari rotoli, seguire il testo – in beneventana Bari type nel primo, nel terzo, in una parte del secondo e nel benedizionale; in gotica italiana nella seconda parte del secondo -, notare gli elementi tipicamente della liturgia greco-bizantina presenti nelle miniature di quello che è comunque un rotolo latino, è stato un sogno che si è finalmente avverato. E questo nonostante le miniature ormai siano sbiadite rispetto a come avrebbero dovuto essere quasi un millennio fa e i massicci interventi di restauro perpetuati soprattutto sul secondo exultet.
E dopo questo, ci siamo concessi anche un giro in cattedrale, prima di tornare a lezione, cercando quasi inconsciamente di rivivere quella stessa sensazione che quegli uomini, tanto tempo fa, dovevano provato in un clima così solenne.
Avremmo tanto voluto vedere di più; magari qualche codice conservato, magari qualche documento che abbiamo analizzato a lezione ma che purtroppo abbiamo visionato solo tramite fotocopia; avremmo voluto toccarli davvero, quei rotoli conservati in quelle lunghe teche coperte dal vetro, ma purtroppo abbiamo dovuto accontentarci ammirare tutte quelle suppellettili e i ricchissimi paramenti liturgici appartenuti alla Cattedrale e utilizzati dai vari vescovi che si sono succeduti. Pazienza. verrà un giorno…

Finalmente oggi sono riuscita a leggere l’ultimo capitolo di Saiyuki Gaiden.
Sì, avete letto benissimo. Il Gaiden, la storia di Goku nel Tenkai, prima che conoscesse Sanzo e gli altri, è finita. Dopo tanti anni di interruzioni e di attese, la Minekura ha posto la parola fine a questa che considero la più bella tra le sue tre opere riguardanti quella storia. Un finale che io giudico perfetto, che si collega perfettamente a tutto il resto e che resta una piccola perla, a dispetto della serie regolare, per cui credo l’autrice si sia persa strada facendo.
Eh sì, alla fine mi sono commossa: per il dolore di Goku, per la solitudine, per la reazione di Kazeon, per le sue parole al piccolo Goku…. mi mancherà! T___T

14 Risposte a “Exultet”

  1. O.O vandali!

    Io ho finito da poco la scuola di APD (all’Archivio di Stato di Bolzano; l’ho conclusa lo scorso novembre ^^); lì per fortuna è diverso: a parte una tipa (che in verità passava di lì quasi per caso) che ha starnutito sopra ad una pergamena, gli altri sono persone fin troppo serie e ligie al dovere (tipo setta… fanno paura! XD Vabbè che in tutto sono una decina di persone, segretario e portinaio compresi! Quindi credo possano davvero permettersi un controllo maniacale).

    Lì potevi sentire il loro fiato sul tuo collo quando maneggiavi i documenti (quasi conveniva usare le riproduzioni ^^) e la restauratrice (ne hanno una sola) l’ho vista raccogliere dal tavolo con delle pinzette ogni più piccola briciolina di documento, imbustarla, per poi rincollare (passami il termine ^^) tutto insieme.

    Qui a Trento, forse perchè non sono abituati a far scuola o perchè si fidano di più, ti consegnano tranquillamente il documento in mano (in realtà, dipende molto dal responsabile di turno). Poi ti trovi le pergamene scribacchiate di biro e ti chiedi “come è possibile?”

  2. Ah, guarda: l’altro giorno, ero anche io in archivio di stato con alcune colleghe e ci passò davanti una con delle carte in mano.

    Io e la mia collega – lei con tesi in diplomatica – ci fermiamo un attimo, ci guardiamo e: “Ma quelle erano pergamene?!” e le stava trattando esattamente come io prendo in mano i miei appunti et similia.

    La nostra collega che invece frequenta la scuola di APD dell’archivio non si è stupita più di tanto; anzi, ci ha raccontato che lì una restauratrice distrusse una pergamena, che i documenti sono stati lasciati sotto un condizionatore rotto che perdeva acqua e tanti di quegli esempi che ci hanno completamente sconvolte.

    E queste dovrebbero essere esperte del settore! -_-

  3. Sono contenta di scoprire che non sono l’unica ad apprezzare l’unicità e la bellezza di taluni documenti!

    Condivido poi quello che hai scritto sulla leggibilità dell’originale e la sensazione fantastica di “tenere in mano” un pezzo di storia. Tuttavia non credo che permetterei a chiunque di prendere in mano un documento senza qualcuno di competente lì vicino: ultimamente passo molto tempo in Archivio (sia quello di Stato che quello Comunale a Trento) e mi capita fin troppo spesso di vedere laureandi e studiosi che trattano documenti come “pezze”. Non dico di metterli sotto vetro, ma se i codici vengono conservati in un luogo riparato da luce e calore non credo sia una bella idea lasciarli aperti sotto la luce per tutta la durata della pausa pranzo, nè tantomeno credo sia il caso tenersi il segno con una penna biro aperta o portarseli in giro sfogliandoli mentre si cercano altri libri. Insomma, è vero che hanno resistito secoli, ma anche se non si trattano come un libro appena stampato, non credo si offendano ^^’

    Comunque ti capisco: anch’io quando ho visto il Codex Wangianus in una bacheca di vetro ho sbavato per poterlo sfogliare… poi ho visto alcuni visitatori sgranocchiare patatine e additare senza troppi problemi la teca e i pannelli illustrativi e ho ringraziato il vetro che mi divideva da uno dei documenti storici più importante per il nostro Principato vescovile.

    ^.^ Notte, Amrlide

  4. Sono d’accordo su tutta la linea, soprattutto sul fatto che la carta attuale (appunto per la sua fabbricazione) è molto più fragile della precedente! XD

    L’anno preciso non lo ricordavo, sinceramente – anzi, forse non me l’hanno mai detto; ricordavo solo inizi dell’800! °_°

  5. Sì, è per la questione della carta: nel 1829 hanno iniziato a produrre la carta attuale a impasto di legno 🙂

    Però, sì, è veramente assurdo richiedere una lettera di presentazione per la consultazione di un testo del 1800! O.o Nella biblioteca in cui lavoro, mostriamo abitualmente ai ragazzi del liceo un testo del 1512

    E nessuno l’ha mai rovinato in alcun modo, ovviamente.

    Peraltro – illogicità assoluta! – sono le carte dal 1830 ad oggi ad essere delicatissime, non quelle di prima XD

    Un foglio del ‘900 lo rovini in un amen, pieno com’è di sostanze incrostanti: a danneggiare la carta di un incunabolo ce ne va già del bello e del buono 😛

    (Alla Nazionale di Torino sono paranoici, in buona sostanza :P)

  6. Ah, ho scoperto il mistero del 1830: pare che prima di quella data siano considerati ancora libri antichi. Il mio personale concetto di “libro antico” va molto più indietro, almeno alle seicentine! XD

  7. Ma sono proprio belli! Il mio status di profana non mi permette di dire altro comunque sono davvero interessanti, sono felice per te che li hai potuti ammirare (anche se non toccare)!

  8. (Ho visto il commento 3 solo adesso, scusa :P)

    Sì sì sì, confermo assolutamente: dal vivo, un codice lo leggi millemila volte meglio che in fotocopia! 🙂

    A leggere una fotocopia, a me vien proprio mal di testa; ma ti dirò di più: anche i filmini digitali sono molto meno leggibili di un codice “dal vivo”.

    Beh, quantomeno laureerete facendo una fatica bestiale, poveracci, ma poi troverete di una facilità estrema fare il vostro lavoro 😛

  9. Beh, neanche qui li abbiamo in dipartimento, però andiamo nei vari archivi e gli archivisti ce li danno O.o

    Voglio dire, mica siete i primi buzzurri scesi dai monti cui è presa vaghezza di toccare un po’ di carte antiche: siete studenti universitari! Non credo che vi mettereste a strappare le pagine di un Evangeliario appena ve ne trovate uno davanti, che diamine 😛

    Coraggio! é_è

    In effetti, nel disperato tentativo di salvaguardare il più possibile il proprio patrimonio, moltissimi archivi mettono restrizioni assurde

    Non so se hai mai avuto occasione di visitare la Biblioteca Nazionale di Torino. Mi raccontava un mio amico che lì serve una lettera di presentazione, per poter accedere ai testi stampati prima del 1830.

    1830!! O__O

  10. C’è da dire inoltre che, a quanto ho visto solo dai fac-simili – e poi confermato da chi i codici e i documenti li ha toccati con mano – è molto più facile leggere un codice che non una fotocopia: per quanto possa essere corsiva o piccola, almeno non ci sono gli strani puntini che si vedono nelle riproduzioni e sicuramente sono molto più nitidi.

    Boh, vogliono complicarci la vita! XD

  11. Noi non prendiamo in mano i documenti, perché sono conservati in vari archivi, e non li abbiamo in dipartimento.

    T__T Anche a me piacerebbe lavorare direttamente sui manoscritti e non sui fac-simili, come invece ci accade. Il problema è che da noi non so quanti codici originali ci siano; forse hanno avuto cattive esperienze, o forse non non ci sono proprio (a parte quelli che studiano loro), perché durante i laboratori noi lavoriamo sui facsimili e spesso anche i laureandi devono accontentarsi di fotoriproduzioni, per poi andare a Montecassino o chissà dove altro per vedere l’originale.

  12. E perché non ve li hanno fatti toccare con mano, i rotoli? :-O

    Se li guardate solo in fotocopia, come fate a imparare? Io, è da quasi un anno che smanaccio personalmente manoscritti (e sono al secondo anno della triennale, non al primo della specialistica!)

    Comunque è bellissimo, l’exultet che hai postato – grazie per avermelo fatto vedere! 🙂

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