Esperienza di restauro

Sono le esperienze come quelle fatte oggi, all’uni, che mi portano a dire quanto adori questa facoltà e che sono felicissima della scelta che ho fatto.

Oggi, sabato 30 aprile, ho fatto una esperienza di restauro e di cucitura di una rilegatura.

Ok, non che si solito facciamo lezione il sabato (sebbene al terzo piano, quelli di psicologia e scienze della formazione la facciano), ma siccome la professoressa da Roma ha dovuto portare un telaio in treno e ha dovuto chiedere aiuto a un suo amico, sia per il trasporto che per il montaggio, (amico sul quale la fantasia di noi dieci novelli restauratori si è sbizzarrita in ipotetiche storie con la nostra docente ^^) e che , inoltre, ci ha fatto una specie di servizio fotografico di tutto il lavoro svolto, cosicchè rimanesse traccia della nostra attività , ha chiesto al Rettore se qualcuno potesse aprirle qualche aula per poter far lezione. Inoltre, è stata un’esperienza che ci ha portato via tutta la mattina, e il fatto di farla in un luogo completamente vuoto, senza curiosi e rompiscatole in giro, è stata una nota positiva.

Dopo aver aspettato che quella di codicologia si degnasse di arrivare con le famose chiavi del dipartimento (l’appuntamento era alle 9 e lei si è presentata alle 10, facendo fare al nostro ateneo una figuraccia anche con quel poveretto che non era mai stato a Bari), finalmente ci siamo preparati alla nostra prima esperienza di restauro.

La professoressa ha posizionato tutto il necessario sul tavolo e ci ha mostrato un libro con coperta in pergamena, del 1791, contenenti alcuni libri del Ab urbe condita di Tito Livio. Aiutata da un bisturi e da un paio di forbici ha scucito un fascicolo (un insieme di fogli cuciti insieme) dal centro, per mostrarci come avviene la scucitura dei fascicoli. Poi, la prof ha chiamato Enzo e, porgendogli il foglio gli ha detto: strappalo.

Potete immaginare come ci siamo rimasti di sasso: ma come? Un testo del 1700, campato due secoli per finire nelle nostre mani e essere strappato? Un testo che, obiettivamente parlando, non aveva bisogno di alcun restauro? Enzo l’ha guardata, lei ha sorriso e ci ha spiegato che quel testo non era di grande valore e che l’unico modo per imparare era provare noi stessi. Così, un po’ più convinto (ma non troppo), Enzo ha strappato leggermente il foglio e la prof ci ha mostrato le varie fasi del restauro della carta. Successivamente, abbiamo tagliato altri fascicoli (altri pianti da parte nostra) e abbiamo provato noi a restaurare.

Devo dire che non è un’operazione molto difficile: si prendono le due estremità strappate e si fanno combaciare, cercando di riunire le fibre della carta (quelle che si vedono quando un foglio viene strappato e non tagliato) e si cerca di farle combaciare perfettamente, appiattendole con una stecca d’osso. Dopo, si prende un velo (che sembra proprio la carta velina, di quelle molto sottili) e si mette sulla parte strappata, per poi passarci sopra della colla. Attenzione, non una colla qualsiasi: si tratta di una colla neutra, non acida e neanche basica, a differenza delle colle tradizionali che sono molto acide e rovinano il supporto (vi risparmio i nomi tecnici ^^). Successivamente si appone sopra uno strato di remay (letto remei), molto simile alla carta velina, ma più spessa che spande e aiuta il lavoro della colla. Il tutto viene sovrapposto da un foglio di carta giapponese (chiamata così perchè gli alberi che la producono sono di origine giapponese – sebbene sia prodotta in Germania – e molto simile alla carta prodotta in Giappone, anche se questa è più spessa). Alla fine, il tutto viene pressato sotto un peso.

Fatto questo primo semplice (?) restauro, la prof ci ha mostrato come si effettua un restauro quando c’è una lacuna (attenzione, non BUCO, altrimenti qualche restauratore vi farebbe a fettine ^^): se il foro è piccolo (causato generalmente da insetti), nella lacuna viene apposta, con un bisturi, un po’ di pasta di cellulosa (cellulosa diluita con colla) e successivamente apposti il remay e il foglio di carta giapponese più il peso.

La professoressa avrebbe voluto farci provare anche un restauro con una lacuna più grande, ma naturalmente, va bene sfascicolare e strappare un po’ di carta, ma non certo distruggerla completamente. In ogni caso, questa esperienza la vedemmo al laboratorio di restauro dell’Archivio di Stato (per chi fosse interessato, in pratica, sulla lacuna, viene posta la carta giapponese a mo di toppa e incollata attraverso l’ausilio del velo, come prima descritto), per questo ci siamo soffermati su un’altra parte molto importante: la cucitura.

Tutti noi abbiamo visto nei nostri libri (o meglio, non tutti, visto che adesso i fogli vengono praticamente incollati uno all’altro…) quella cucitura che attraversa i fascicoli che compongono i nostri libri. Naturalmente, questa adesso viene fatta meccanicamente, mentre prima veniva fatta a mano, letteralmente cucendo i fogli dei fascicoli tra loro e un fascicolo all’altro e poi alla coperta (ossia alla copertina). In più venivano posti, come oggi nei libri con copertina di cartone, una specie di ornamentazione chiamata capitelli  (quelle cose di stoffa colorata, di solito blu che si trovano su un libro con copertina plastificta, che si trova sul tagli superiore (nin pratica, se metti il libro di fronte a te e lo guardi dall’alto). Oddio, come definizione fa pena, ma spero che almeno così si sia capito a cosa mi riferisco ^^ NdNaco: spiegazione aggiunta dopo essermi accorta, tramite i commenti, che non era molto chiara la spiegazione.. no, direi che faceva schifo! ^^)) che, mentre oggi hanno una funzione puramente ornamentale, allora erano parte integrante di un codice e serviva a proteggere meglio i fogli.

Restaurando un libro, naturalmente, bisogna, armati di un telaio o meno, ricostruire tutto il blocco di carte legato. Ovviamente non potevamo metterci a cucire delle carte, visto che, mentre il restauro si fa con sostanze che permettono di rifare il restauro se si sbaglia, la cucitura si fa una volta sola (mica possiamo bucare a caso i fogli con l’ago, no?), perciò la mia prof ha preso delle carte normalissime di una risma, le ha piegate, e ha fatto dei fascicoli che noi avremmo dovuto cucire, con il telai. Questo è composto da due assi verticali, una orizzontale a metà e una base, a questo sono appese, tenute in tensione, delle fettucce contro le quasi si appoggiano i fascicoli che vengono cuciti insieme alla fettuccia e che in definitiva costituiranno i nervi del dorso (quelle sporgenze che abbiamo sul dorso dei libri).

Ragazzi, vi assicuro che spiegare come avviene la cucitura è davvero difficile, molto più facile vederla! ^^ Detto in parole povere, si mette un fascicolo di, per esempio, tre fogli sul telaio, si prende il centro e si cuciono le carte tra loro. Poi, terminato il fascicolo, si aggancia questo a quello sottostante.

Vi assicuro, detto così sembra facile, e forse lo è, per chi ha esperienza con ago e filo: ma dover cercare di fare con l’ago un foro corrispondente a quello fatto prima, è davvero vicino. Spesso, presa dalla disperazione, ho iniziato a bucare il foglio e a vedere qualche dei fori si avvicinasse di più a quelli sottostanti. Inoltre, per collegare i fascicoli tra loro, c’è un giro di ago e filo davvero particolare (e che mi sono fatta spiegare almeno cinque volte e che, mi spiace, non saprei come spiegarvi se non manualmente ^^"").

(per tutti coloro che non abbiano capito molto dal mio post – e vi assicuro, è più facile farlo che spiegarlo, ecco qui un sito in cui potete visionare la varie fasi del restauro di un libro)

La prof avrebbe tanto voluto spiegarci come si  inseriscono i capitelli, ma purtroppo il tempo perso nell’attesa della prof di codicologia, aveva tolto minuti preziosi che non potevamo recuperare, visto che molto di noi (tra cui la stessa professoressa e il suo aiutante)  avevano il treno. Un vero peccato, devo dire, sarebbe stato davvero istruttivo, nonostante la giornata sia stata abbastanza speciale e unica anche senza questa esperienza.

Sì, è proprio in questi momenti che adoro frequentare l’università! ^_^.

8 Risposte a “Esperienza di restauro”

  1. Però….quanto lavoro per restaurare un libro, hai spiegato davvero bene, anche se secondo me vederlo è tutt’altra cosa…quando mi avevi detto quel giorno che avete strappato un libro del 700 per restaurarlo ci rimasi anch’io di stucco…

    E ridevo pensando a Naco, amante dei libri, mentre ne distruggeva uno XD

  2. Mi fa piacere che ti piaccia andare all’università…e mi fa piacere che ti piace (scusa il gioco di parole) il file audio del mio blog ^_^ … DACULA era il mio cartone preferito (o almeno diciamo che stava nella, lunga, lista dei miei cartoni preferiti)…..

    SMACK!

  3. i capitelli sono quelle cose di stoffa colorata, di solito blu che si trovano su un libro con copertina plastificta, che si trova sul tagli superiore (nin pratica, se metti il libro di fronte a te e lo guardi dall’alto).

    Oddio, come definizione fa pena, ma spero che almeno così si sia capito a cosa mi riferisco ^^

  4. Io non ho capito bene cosa sono i capitelli…^^’

    Comunque.. credo di essere svenuta in piedi quando hai raccontato della mutilazione del libro…

    Se lo avessero chiesto a me, non so se ci sarei riuscita…T_T XD mi ci vedo a urlare “Non volevoooo! Sono una criminaleeee!”

    Del resto, piuttosto che non provare e poi combinare disastri su libri veramente preziosi, meglio fare esperienza controllata su un libro meno prezioso…

    Ma che stretta allo stomaco…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.