Ai Yazawa

Il mio primo incontro con la Yazawa risale ormai a… quanti anni fa?
Otto? Sette? Non ricordo. Però ricordo che vidi per la prima volta il suo tratto quando trasmisero la prima puntata di "Curiosando nei cortili del cuore"; dovevo fare o la terza media o il primo superiore, non ricordo di preciso.
Era quella l’epoca in cui non sapevo cosa fossero i manga, che i cartoni animati giapponesi si chiamassero anime, in cui su internet ci andavo una volta al mese e neanche, in cui a mala pena sapevo che i cartoni erano tratti da fumetti. Non sapevo neanche riconoscere se si trattava di un cartone animato occidentale o di un anime, sebbene mi sia sempre chiesta perché alcuni mi piacessero e altri non riuscissi a sopportarli. Credo che questa si chiami "sensazione a pelle" o semplicemente "dono di natura", visto che la famiglia di mio padre è composta da abili disegnatori e scultori.
A quei tempi, comunque, non avevo assolutamente idea di chi fosse la Yazawa. Lo scoprì solo anni dopo e la etichettai subito come un’autrice che non mi piaceva; già perché "Cortili del cuore" come anime non mi piaceva per niente. Non so se questo dipendeva dall’adattamento italiano o semplicemente dal fatto che ero ancora piccola e non riuscivo ad apprezzare le sfaccettature dei personaggi e il suo modo di disegnare; una cosa è certa: non solo non ricordo una sola puntata di quell’anime, ma ricordo con precisione che i disegni mi facevano veramente schifo.
Perciò la Yazawa diventò sinonimo di "disegno orribile".
Il mio primo VERO incontro con la Yazawa, invece, è avventuo quando per la prima volta ho preso in mano "Ultimi raggi di luna".
Per la verità ero ancora molto titubante, nonostante tutti mi parlassero molto bene di questa autrice e soprattutto della sua opera più famosa, "Nana", e me ne consigliassero l’acquisto.
In realtà, non sapevo se fidarmi o meno: ho imprato a mie spese che spesso fama non è sinonimo necessariamente di prodotto ottimo, e soprattutto, a seconda dei propri gusti, non è detto che sia sinonimo di buon prodotto per me.
Così, ho rimandato, rimandato, preferendo prima scaricarmi l’anime di "Paradise Kiss", altra opera di cui ho sentito parlare molto bene; l’anime mi è piaciuto e il fatto che abbia sentito che non è niente in confronto al manga, già la dice lunga su quanto mi potrebbe piacere l’opera.
Ho ceduto alla curiosità quando quindi ho visto in edicola "Ultimi raggi di luna", titolo che avevo sentito nominare spesso molto bene; il fatto che fosse composto di soli tre numeri è stata la spinta decisiva a farmelo acquistare.
In quel momento ho maledetto la me sedicenne che aveva tanto deprecato non solo i disegni, ma anche le storie della Yazawa. Mi sono resa conto di aver perso tempo, tanto tempo, e che in quel frangente avrei potuto leggere opere meravigliose, con disegni che adesso reputo fantastici. Ma che cervello avevo a sedici anni? "Ultimi raggi di luna" dunque mi è entrato subito nel cuore: mi sono piaciuti i personaggi, descritti magistralmente in pochi tratti; l’atmosfera, quasi onirica, anche in quelle più quotidiane; e soprattutto la trama. Sì, perché non ho mai visto una trama talmente ben congeniata e particolare: la storia ti prende dalla prima scena e tu, per tutti e tre i numeri, per ogni singola pagina, resti con il fiato sospeso; i nuovi particolari che riemergono sul rapporto esistente tra i vari personaggi, aggiunge sempre nuovi tasselli a alla storia che i bambini protagonisti del manga devono risolvere, ma al tempo stesso finiscono per creare nuovi intrecci; tra l’altro, la particolarità di questo manga è che il lettore vede cose che i protagonisti non conosco e quindi, se da una parte possono capire meglio dei ragazzi l’evoluzione, dall’altra anche loro finiscono per rimanere ingarbugliati nella rete che l’autrice ha preparato, rendendosi conto solo alla fine che niente in realtà è quello che sembra.
Catturata dal fenomeno Yazawa, mi sono quindi decisa a scaricarmi l’anime e il film di Nana; inutile dire che anche questa storia mi ha presa e trascinata via con sé, portandomi a scaricare il manga, non riuscendo a resistere all’attesa.
E devo dire che ho fatto bene: la Yazawa è una delle poche autrici in grado di spiazzarmi ad ogni momento e che non si riesce assolutamente a prevedere.
Se infatti già la storia delle due Nana che si incontrano sul treno e poi affittano lo stesso apaprtamento è di per sé particolare, la storia del manga non è da meno. Non si tratta di due semplici ragazze che hanno un semplice ragazzo, di cui sono innamorate e con le quali, dopo una serie di peripezie, finiranno per tornare; nè c’è il classico terzo incomodo che rovina una storia perfetta; né tanto meno il classico triangolo C’è invece la vita di persone che si conoscono, che si vogliono bene, che fanno pace, che litigano, che si innamorano, che si lasciano, che scelgono altre strade; c’è l’amicizia, quel legame che a volte si incrina, a volte si spezza, a volte è capace di superare le avversità, a volte si trasforma in qualcosa si possessivo che rasenta la gelosia; c’è la vita reale, con i suoi cambiamenti, la sua crescita, i suoi problemi.
E c’è un tratto, quello della Yazawa che ha raggiunto livelli magnifici: è raro per me, fermarmi  molto tempo a fissare un disegno (solo con le immagini di Shan In di Tsukasa Hojo lo faccio), a contemplarlo; e invece, proprio in "Nana", mi stupisco a fissare dei disegni che reputo assolutamente perfetti, o almeno io, nella mia totale ignoranza in materia, li considero tali. E, non ci crederete, mi piacciono così tanto che a volte mi viene quasi da piangere quando li guardo.
Per tutti questi motivi, potete immaginare come sia corsa impazzita in libreria a comprare anche "Non sono un angelo", sebbene il mio acquisto risalga solo alla settimana scorsa, per mancanza di liquidi nei mesi scorsi.
In realtà, quando ho acquistato questo manga, mi aspettavo già quello che ho trovato: essendo il primo lavoro della sensei, sapevo che sarebbe stato un po’ deludente, rispetto ad altri successivi; i disegni non sono ancora perfetti come quelli di Nana, il tratto è più acerbo, anche se inconfondibile; e la storia lascia almeno per adesso un po’ a desiderare. Non che faccia schifo, eh! Però, il fatto che ci sia una ragazza cotta di un ragazzo che dimostra un certo interesse per lei, anche se aleggia l’ombra di un’altra persona, mi dà di già visto; ma bisogna tener presente che questo manga è del 1991 e all’epoca gli shoujo non affollavano così tanto le fumetterie come oggi e non erano così ripetitivi. Senza contare che manca ancora – o forse è ancora presto per notarla –  quell’attenzione maniacale ai particolari che mi ha fatto tanto amare "Ultimi raggi di Luna" e che, del resto, è il frutto dell’esperienza di un autore.
Nonostante questo, ho fiducia in questo manga e nella sua autrice: per arrivare ai livelli di "Nana", sono certa che il cammino è iniziato fin da questa prima opera, ed è proseguito con le altre. In fondo, è proprio nei primi lavori che si avverte il cammino percorso in un autore, fin poi ad arrivare a quello stile che mi ha fatto letteralmente innamorare di questa mangaka.
Anche se non siete amanti dello shoujo, vi consiglio quindi di dare un’occhiata ai suoi lavori: sono sicura che vi stupirà!

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