La verità è che…

E dopo averne sentite e viste di tutti i colori per mesi, dopo essermi fatta il sangue amaro, perché cazzo! Chi credi di essere TU più di ME, piccola pirla idiota?, dopo essermi posta mille domande, a cui ho dato mille e più risposte di cui non so se saprò mai se almeno una è giusta, dopo essermi sentita dire “Ma non è che è colpa tua?”, manco fossi il novello mostro di Lock Ness fuggito in Italia, dopo le centomila cose che ci sarebbero da dire su quanto siano coglione certe persone…
… dopo tutto questo, alla fine, ho capito.

La verità è che non me ne frega niente.
Non me ne frega niente della gente che se la tira, pensando di essere la Migliore del Mondo per chissà quale ragione, quando poi, a conti fatti, non ha niente di più degli altri.
Non me ne frega niente della gente che pensa di essere la Vittima del Mondo e che crede davvero che io abbia il tempo di star dietro a loro e alle loro bambinate. Le Vittime del mondo sono altre, sappiatelo, e non hanno tempo per lamentarsi così. Hanno un minimo di orgoglio, loro.
Non me ne frega niente perché io guardo solo me stessa, quello che faccio, le scelte, giuste o sbagliate che siano non importa, che prendo. Punto.
Io guardo che, a differenza di quello che qualcuno pensa, la mattina mi alzo, vado in archivio a fare il mio bel tirocinio, oppure a lezione, a seconda dei giorni, mangio al volo e poi subito attacco con i bambini.
Certo, non guadagnerò chissà che miliardi, ma non vado a rubare, non peso sulle tasche dei miei per le cazzate e posso prendermi i miei sfizi. Che non sono molti, eh, giusto qualche manga, i libri e il corso di giapponese. Sì, perché il corso me lo pago con i soldini miei, e anche questo mi rende contenta, perché è qualcosa che voglio fare da una vita, per capriccio, per diletto, questo non deve importare a nessuno, e lo faccio, perché posso farlo; quando e se non potrò più farlo, allora se ne riparlerà. E sono felice, perché, oltre a studiare una lingua che volevo imparare da una vita, mi troov in una classe simpatica, dove ci divertiamo e con i cui componenti mi trovo bene.
Anche in archivio sto bene. Io non sono mai stata una persona che attacca facilmente bottone, come Benny, ma, ogni volta che entro lì, mi sento a casa. Mi sento a casa perché la mia tutor è una persona in gambissima e bravissima, che lavora tanto, ma nonostante questo ha tempo per aiutarmi e consigliarmi, perché la gente che lavora non se la tira, ma è disponibile anche per la chiacchiera, per fare una battuta e non ti fa sentire una inetta, perché loro lavorano e tu no e chissà quando lo farai. E, sì, ogni volta che devo andar via, mi dispiace, perché resterei ancora un po’, ma non posso, ho i ragazzini. E cosa c’è di meglio di un luogo dove lavori (ok, fai il tirocinio, ma sempre fai qualcosa, anche se non retribuito), dove ti senti bene?
E il pomeriggio ci sono loro. Ci sono Nicola e Giuseppe, che allietano le mie giornate: Nicola, con i suoi undici anni ancora troppo bambino rispetto ad altri, e che continua a farmi incazzare sulle stesse cose; e Giuseppe, un piccolo adolescente che tanto piccolo non è, visto che è pure più alto di me, in cui rivedo tutto quello che ho dimenticato dell’adolescenza. E che, soprattutto, studia cose molto più interessanti del crollo dell’Impero Romano, che ormai mi esce dalle orecchie. XD E poi c’è Michele. Michele che ultimamente non viene più, ma che è il mio bambino, perché dopo tre anni e mezzo non posso volergli bene come se fosse un fratellino, che è sempre un amore.
E ho i miei libri e i manga, che mi fanno sempre compagnia sul treno o sul pullman, gli anime, che seguo molto meno perché non ho tempo, ma a cui dedico sempre un momentino della settimana, i miei amici, che mi chiedono che fine abbia fatto, visto che su FB sto molto meno e che non mi beccano praticamente più.
Io ho tutte queste cose, per adesso, quindi perché dovrebbe fregarmene di persone che non sanno gioire di quello che hanno, che vivono in un mondo fatto di guardare l’altro per vedere che fa, come vive, mi pensa, non mi pensa? Perché dovrebbe importarmi di chi crede di tirarsela, ma che, così facendo, dimostra solo di essere solo, perché, se ha bisogno di far vedere agli altri di essere qualcuno, vuol dire che da solo non è niente o non ha nessuno che gli faccia pensare di essere speciale?
Perché dovrei farmi il sangue amaro per gente così triste?
No, avete ragione: non ha senso.
Probabilmente qualcuno arriverà fin qui, e mi dirà di non aver capito una sola parola di tutto ‘sto discorso. Probabilmente, qualcun altro si sentirà rodere, pensando che parli di lui, o cercherà di capire chi sia l’oggetto – o gli oggetti – della discussione e forse troverà il coraggio di chiedermelo e/o accusarmi di avercela con lui per chissà quale ragione.
Sapete una cosa?
Non m’importa niente neanche di questo.

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