Agosto. Un anno fa.

Più o meno in questi giorni, un anno fa, l’allora “Dipartimento di scienze dell’antichità” chiudeva al pubblico per il mese di agosto. Agli studenti, più che altro, perché alcuni docenti e il personale continuavano imperterriti le proprie attività.
L’estate dell’anno scorso, come tutti ricorderete, fu veramente bollente: ancora oggi, mi corre un brivido dietro la schiena, nel ricordare il caldo afoso e il desiderio che arrivasse l’inverno il più in fretta possibile. Eppure, fu l’agosto più bello della mia vita.

La seconda settimana del mese (durante la prima la biblioteca rimase aperta, perché iniziava con gli ultimi giorni di luglio), arrivarono i nuovi scaffali e, siccome avemmo anche la fortuna di avere un aiuto, giacché un altro ragazzo doveva recuperare delle ore, io e lui ci mettemmo di buona lena per spostare tutti i volumi della sala dottorandi e i LAT del corridoio di filologia. Fu una faticaccia, devo ammetterlo, sia perché c’era tanta di quella polvere che Natale ci diede le mascherine, sia perché nel corridoio l’aria condizionata non c’è, sia perché, diciamo, la puntualità non era il punto forte del mio collega servizio-civilista. Nonostante questo, fu una bella settimana: c’erano Lucia – che alle 10.30 mi chiamava sempre per una pausa alla frutta – e Natale, più alcuni docenti che si affacciavano spesso.

La terza settimana fu quella di Ferragosto, e io rimasi a casa. Fu la settimana più lunga della mia vita, con tutto che andai allo Zoo Safari e da mia zia; la verità è che volevo tornare: avevo in programma di fare un sacco di cose, prima che la biblioteca fosse riaperta al pubblico.

La quarta settimana tornai felice al mio lavoro; Natale e Lucia non c’erano, così fui la padrona incontrata della biblioteca: aprivo con la copia delle chiavi che avevo, accendevo il computer per vedere se c’erano richieste di document delivery – non ne arrivò neanche una quella settimana! XD – e l’aria condizionata nella stanza in cui mi sarei posizionata quel giorno e mi davo al riordino dei libri. Proprio così: essendo una biblioteca a scaffale aperto, in cui chiunque può andare a prendere il libro che desidera, si può benissimo immaginare in che condizioni fosse l’ordine dei libri: ho trovato le cose più assurde, volumi messi a caso (200, chessò, vicino al 1100), collocazioni confuse (GL con LAT e addirittura riviste con monografie!). Visto che ero sola – ma, c’è da dire, l’ho fatto anche quando nelle altre stanze c’erano i docenti… – non mi sono risparmiata commenti a voce alta contro gli utenti e a favore dei poveri libri. “La donna che parla con i libri” mi chiamava Natale.
«Stacca ogni tanto, sennò rincoglionisci!» mi aveva detto Natale e io, seguendo il suo consiglio, ogni tanto scendevo dalla scala e mi dilettavo con la rilegatura di quei libri che stavano ridotti peggio.
Poi, verso l’una, andavo a pranzo. Per chi non avesse mai provato l’ebbrezza di girare per i corridoi dell’ateneo di Bari in pieno agosto, sappia che è una sensazione bellissima. Non c’è praticamente nessuno: solo tu e qualcuno che ancora non è andato in ferie. E così, mi mettevo in uno dei due loci amoeni (di solito dove c’è la fontana) e mi gustavo la mia frutta; poi, passavo dal bar per prendermi un caffè. Non c’era neanche più bisogno che parlassi: non c’era nessuno oltre me, infatti, in quei giorni non mi è mai capitato di attendere il mio turno.
Quei giorni, in dipartimento, c’eravamo io e i libri: se avessi voluto, avrei potuto mettere persino la musica, non se ne sarebbe accorto nessuno, ma quel silenzio era così bello e rassicurante che non mi sarei mai azzardata.

La quinta ed ultima settimana – quella che si concludeva con il primo settembre – fu invece quella più divertente. Tornarono sia Natale che Giusy, la ragazza part time, con la quale sin a luglio avevo legato. Quella fu la settimana del restauro: ci mettevamo tranquille tranquille in una stanza a restaurare i libri: quante conversazioni ci siamo fatte, fra una spalmata di colla e uno schotch messo sulla costina? E quanti pranzi, all’ombra del grande vaso?
Erano ormai gli ultimi giorni del mese: i dipendenti stavano cominciando a tornare dalle ferie e i primi irriducibili studenti stavano già popolando le altre biblioteche che avevano già riaperto. Il lunedì successivo, anche la nostra si sarebbe aperta e tutto avrebbe iniziato a tornare alla normalità: Lucrezia di nuovo al suo posto, all’entrata del dipartimento; Natale e Paolo in biblioteca; Lucia, Dina e Piera nella loro stanza. E i docenti e gli studenti in giro per i corrdoi, le prime richieste di prestito, i libri da digitalizzare, quelli che ritornavano dal prestito estivo, gli statini da consegnare per l’esame, i pomeriggi all’entrata con la compagnia dei libri che ancora dovevamo finire di rilegare, i primi «Non riesco a trovare questo libro…» degli utenti…

Mi manca. Mi manca davvero tanto tutto questo.

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